43 Erwin Olaf § Chick Corea § Larry Levis

  • 18 giorni fa
PHOTOS: Erwin Olaf
MUSIC: Chick Corea, Crystal Silence
POEM: Larry Levis, The Double

Qua fuori posso dire ogni cosa.
Posso dire, per esempio, che una ragazza
che sparisce questa sera
dormirà o guarderà fuori
fissamente, mentre il treno la porta
dentro la sua maturità di polvere
e raccordi.

Ricordo che guardavo vespe
nelle sere calde
volare pesanti sopra i lampadari
negli ingressi di alberghi.
Pure quelli li hanno smontati.
E i vecchi ubriaconi
che sembravano non fare caso a niente,
che sembravano cercare il resto
nelle tasche, mentre fissavano
la ragazza nello spot della Pepsi,
e la ragazza che posò per lo spot,
ormai dovranno essere tutti morti.

Già capisco che questa
non è una poesia da mostrare a te,
questa poesia d’amore. È così
piatta e trascurabile,
come l’uomo che fuma una sigaretta
dietro l’altra, che scopre alla fine
di non essere più in attesa di nessuno
e che va al cinema
da solo il sabato, e che sorride,
e gli piace.
Questa poesia così simile all’ora
in cui i semafori passano
al giallo e lampeggiano,
e il professore tranquillo
brucia un altro libro
e la divorziata annaffia la sua pianta
perennemente in punto di morte.
Questa poesia così simile a me
che potrebbe essere il mio doppio.

Sono rimasto a lungo
nella sua ombra, come rimasi
nell’ombra del coinquilino morto
che ho dovuto tirar giù dal soffitto
durante le vacanze di Pasqua
quand’ero giovane.

Quella sera
misi in folle la macchina
e spensi il motore
e i fari per scivolare giù
e sentire il vento che strappava
il metallo morto.
Dovevo capire cosa si provava
e, sotto la luna,
sempre più veloce, volevo scivolare
fuori dal mio corpo
e farla finita con lui.

Un uomo può smettere col fumo
e col cinema e vivere tanti anni,
sentire il vento che ticchetta di tetto in tetto
senza mai staccare gli occhi
dalla sua unica pagina, o dalla piccola
vita che lì sopra incide e incide,
e quando tutti intorno a lui sono morti
può spostare in casa il pianoforte a coda
e sedersi davanti, e infine suonare,
sicuro che nessuno lo sentirà
benché suoni più forte che può,
al punto che quando verranno i morti
a togliergli le mani dai tasti
saranno invisibili, come l’aria
e la musica non lo sono.