Domus Pompeiana

  • 27 giorni fa
A Pompei la gente scriveva sui muri delle case, sia esterni che interni, e scriveva di tutto: messaggi d’amore, insulti, sberleffi, pubblicità, e anche poesie. Si tratta di iscrizioni estemporanee, non monumentali, semplicemente graffiate sui muri con un qualsiasi strumento appuntito.
Una tra le più interessanti, si trovava nell’ingresso di un piccolo appartamento affacciato su uno stretto vicolo nella insula (isolato) 9 della regio (quartiere) 9. Il testo contiene vari errori sia nell’ortografia che nella metrica, di seguito nella versione ‘restaurata’ accompagnata dalla traduzione italiana:
o utinam liceat collo complexa tenere braciola et teneris oscula ferre labris. I nunc, ‹et› uentis tua gaudia, pupula, crede: ‹pupula›, crede mihi, leuis est natura uirorum. Saepe ego sub media uigilabam, perdita, nocte haec mecum meditans: “multos [Fortuna] quos supstulit ante, Fors modo proiectos [subito] praecipitesque premit; sic Venus ut subito coniunxit corpora amantum, diuellit lux, et se... Paries quid ama...
oh, se potessi avere le tue belle braccia avvinghiate al mio collo, e baciare le tue tenere labbra. Vai ora, ragazza, e affida al vento la tua gioia: Ragazza, credimi, mutevole è la natura degli uomini. Spesso, disperata, vegliavo a notte fonda e meditavo fra me e me: “Molti, che prima aveva librato in alto, la sorte poi li opprime e li fa precipitare a capofitto; allo stesso modo, subito dopo che Venere ha unito i corpi degli amanti, il giorno poi li strappa l’uno all’altro, e… Parete, perché…
Questo è uno dei graffiti poetici più interessanti conservati a Pompei, e mostra che chi ha composto questi versi aveva una buona familiarità con la tradizione letteraria latina: si possono infatti riconoscere una chiara citazione da Lucrezio, alcune allusioni a Ovidio e il ricorso a vari luoghi comuni della poesia d’amore latina. Tali graffiti ci testimoniano di quanto la vita culturale di Pompei fosse vivace, perfino in una piccola casa che si affaccia su un vicoletto oscuro. È su questo fertile humus culturale che la grande letteratura di Roma ha potuto prosperare.
Fonte: Luca Graverini